Archivi del giorno: giugno 30, 2011

Lo sviluppo del Polesine non passa attraverso le rinnovabili, Zaia vuole ritornare al carbone

Lo so, oggi bisognerebbe parlare della TAV (Sì TAV, NO TAV, BHO TAV…), ma su questo blog già ne parla (e bene) Tobymallon e inviterei chiunque passi di qui a farci un salto e a lasciare un commento. Io personalmente oggi vorrei parlare della centrale elettrica di Porto Tolle, in pieno Parco del Delta Po. Il luogo è particolare, bello come solo gli ambienti transizionali sanno essere, ma povero e in qualche modo isolato. La provincia di Rovigo ed il Polesine in particolare si regge su pesca, agricoltura e turismo. Le infrastrutture sono tutto sommato poche, non c’è un treno che arrivi a Porto Tolle, la città di una certa rilevanza più vicina è Adria, dove ci sono le scuole superiori e anche un conservatorio. Nel centro di Porto Tolle si vede ancora ciò che rimane del vecchio zuccherificio chiuso ad inizio degli anni ’80. Da bambino andavo al mare da quelle parti e ricordo ancora i trattori con i rimorchi carichi di barbabietole che andavano avanti ed indietro dalla campagna allo zuccherificio e ricordo l’odore caratteristico della lavorazione delle barbabietole che pemeava l’aria delle calde sere estive. La sua chiusura lasciò a terra molti agricoltori che avevano puntato per generazioni sulla coltura delle barbabietole; alcuni tentarono di sopravvivere coltivando mais, altri si trovarono al malpartito e videro i loro figli emigrare verso la parte ricca del Veneto o verso Lombardia e Piemonte. Più o meno nello stesso periodo finivano i lavori della centrale di Polesine Camerini, quella che oggi chiamiamo “la centrale di Porto Tolle”. Dalla metà degli anni 70 aveva dato lavoro a molti giovani della zona, come saldatori, muratori ed operai in genere. Purtroppo lo sviluppo promesso assieme alla centrale non c’è mai stato, un po’ per la carenza di infrastrutture e un po’ per contingenze di mercato che quando avrebbero potuto portare qualche industria in Polesine si sono invece trovate nelle correnti che portavano più ad oriente… Con la fine dei lavori alcuni dei lavortori che avevano costruito la centrale ebbero la fortuna di essere assunti come manutentori e continuarono a lavorare “alla Centrale” o come dicono da quelle parti “a Polesne“. Ho avuto un paio di cugini che han lavorato li per circa trent’anni e non mi va di dire che si sia trattato di una cosa negativa, ma la centrale sta usando Orimulion, cioè un derivato dal bitume… per i dettagli sulla centrale vi rimando a Wikipedia. Adesso vorrebbero convertirla a carbone, addirittura Galan avrebbe voluto riconvertirla a centrale nucleare ammesso che fosse stato fattibile… ma dopo Fukushima tutto si è arenato. A parte la fanta-ingegnieria della centrale nucleare, mi son chiesto perchè volessero riconvertire a carbone una centrale elettrica in un parco regionale, poi mi son ricordato dei miei cugini, del periodo di relativo benessere che la zona ha avuto grazie alla costruzione della centrale, ma soprattutto mi son ricordato di quanto un economista ha detto una volta: nei periodi di crisi paghiamo la gente per scavare buche e poi riempirle. In pratica teniamo buoni i contribuenti facendo fare loro lavori solo apparentemente utili, ma che daranno solo il necessario per il presente, senza rappresentare una soluzione per il futuro. Non si è neppure discusso sulla possibilità di convertire la centrale a metano, non è passato per la testa a nessuno di sfruttare il mare, le maree, la corrente del Po, il sole, il vento, tutti elementi che qui non mancano… si è pensato solo di scavare buche e farle riempire. Ma con tutto lo zolfo, i particolati (PM 01, altro che PM10…), con tutte le porcherie che una centrale come quella, capace di 2.6 GWatt nominali, immette nell’ambiente siamo sicuri che quelle buche non siano tombe?

Il Consiglio di Stato almeno un dubbio lo ha e si è pronuniato contro la conversione a carbone. Zaia ha deciso di cambiare il regolamento regionale per aggirare il divieto, col beneplacito dei sindaci della zona, anche loro miopi ed incapaci di vedere oltre l’immediato. Anzi, peggio, incapaci di leggere il passato recente che ha evidenziato quanto breve sia la ricchezza portata da un’opera che non incide realmente sulla struttura della società del Polesine e che è comunque legata ad un sistema di produzione di energia in crisi in tutto il mondo.